Un decennio fondamentale per una delle sottoculture più importanti della storia della musica
Il titolo di questa Playlist non è casuale, si rifà al famoso saggio omonimo di Simon Reynolds. Il Punk, a mio avviso, è una delle sottoculture più affascinanti e interessanti del mondo musicale. Reso famoso tramite una scelta di marketing, è riuscito a imporsi in maniera eccezionale diventando uno dei generi più importante dell’ultimo mezzo secolo. I Sex Pistols, infatti, nascono dalla volontà del manager Malcolm Mclaren, marito di Vivienne Westwood che possiede una boutique che con il passare del tempo si evolve fino a vendere oggetti sadomaso (dal nome “Sex”). Da qui la volontà del manager a prendere una band che rispecchi le merci vendute, facendo nascere così i Sex Pistols. Grazie a questa band nasce il termine “pogo”, pratica tipica durante i concerti Punk, Rock e Metal. Sarebbe ovviamente impossibile analizzarlo tutto, dai suoi esordi (Lou Reed è considerato uno dei precursori del genere, la maggior parte delle band lo citano nelle loro influenze) sino a tutti i suoi generi derivati (come la New Wave o l’Hardcore Punk). Questa playlist vuole essere una prima guida, spero accurata e consapevole, su cosa iniziare ad ascoltare per comprendere al meglio questo linguaggio. Ovviamente ogni band andrebbe approfondita, così come ogni band/artista adiacenti ad esse.
Il Punk arriva da Londra e New York negli anni 1976 e 1977. Il termine vuol dire fondamentalmente “teppista”. Nella Popular Music non c’è una vera e propria critica in quanto non era considerata degna di esser studiata dalle accademie. Ancora oggi vi sono queste problematiche. La sostanziale differenza tra il giornalismo e la critica è che il primo deve raccontare, mentre la seconda deve analizzare Lester Banks parte con il termine “Punk Rock” con gli Stooges. Ha un modo di scrivere molto “rock”, ed è per questo che piaceva. L‘importanza del punk è quella di aver influenzato molte sottoculture fino agli anni ’90. Il genere era ribellione. Agli adolescenti bianchi prima piaceva il Rock , compresi i componenti delle band. Ad un certo punto, invece, si staccano dai gruppi che suonano con strumenti costosissimi e spettacoli irraggiungibili da un punto di vista economico.
Il senso del Punk è che non devi avere per forza un contratto con una multinazionale, ma suonare può voler dire lanciare un messaggio. Anche se non conosci la musica, impara tre accordi in croce e inizia a scrivere. L’importanza non è tanto nella musica, quanto nell’impatto: gli adolescenti volevano avere una voce, esser considerati, e decidono di andare contro al Rock. Canzoni veloci, riff immediati, chitarre dai suoni distorti e testi carichi di rabbia sono gli ingredienti principali. La parola “Indie”, che è ovviamente l’abbreviazione di “Indipendent”, è una parola che arriva dal Punk.
Nei primi anni ’80, in America, nasce l’Hardcore Punk come evoluzione ed estremizzazione dei concetti Punk. Un gruppo significativo sono i Discharge che portano contenuti politici, anti nucleare , anti guerra, animalisti, vegan. Grafiche bianco e nero fotocopiate, etichette indipendenti autodistribuite, prezzi stampati su copertine per non fare lucrare troppo.
Tutta la “Cultura Punk” è molto importante non solo per la musica, ma anche per la moda e per il costume. Le grafiche, ad esempio, sono da sempre molto conosciute e ora vanno anche di moda.
Concludo volentieri questa piccola infarinatura generale con una citazione da uno dei più grandi studiosi del Punk:
Nella società moderna, il tempo libero (Cosa voglio fare oggi?) è stato sostituito dal divertimento (Cosa c’è da vedere oggi?). Alla possibilità di avere ogni genere di libertà si è sostituita una finzione di falsa libertà: ho abbastanza tempo e soldi per vedere tutto ciò che c’è da vedere o tutto quello che c’è da far vedere agli altri. Poiché questa libertà era falsa, non era soddisfacente, era noiosa. Poiché era noiosa, lasciava gli insoddisfatti a contemplare la propria incapacità di reagire a ciò che, dopotutto, era uno spettacolo di successo. Lo spettacolo è buono, ma mi sento morto: mio Dio, cos’ho che non va? Era la cultura del tempo libero che produceva la noia: la produceva, ne faceva marketing, ne traeva i profitti e li reinvestiva. (...) Gioventù arrabbiata e male informata, adolescenti ribelli e benestanti senza un’idea, ma non senza una causa: la noia è quanto hanno in comune.
(Lipstick Traces - Greil Marcus)